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ASCOLTA, TI RACCONTO UNA MUSICA di Rita Valentino Merletti e Angela Mazzoccoli L’editoria italiana nel settore musicale non è particolarmente vivace: musicisti e musicologi lamentano da sempre un atteggiamento prudente e guardingo: poche centinaia di titoli nuovi all’anno, con tirature limitate. Del resto, il fatto che, in Italia, la cultura,e dunque l’insegnamento sistematico della musica, siano considerati un’ eccentrica e superflua bizzarria di menti disancorate da ciò che è davvero ‘importante’ conoscere e studiare, è argomento talmente logoro e abusato che non mette più conto parlarne. Nell’ormai lontano 1986, Annamaria Lorandii, nel corso della recensione di un libro che racconta ai ragazzi la vita e le opere di J.S.Bachii , osservava che specchio rivelatore dell’incompetenza musicale dell’italiano medio è la scuola, a partire dai vari ministri succedutisi alla Pubblica Istruzione. Purtroppo a distanza di 17 anni da questo scritto poco o nulla è cambiato né sussistono fondati motivi di speranza per la prossima incombente riforma dei programmi scolastici.iii Se la scuola rimane dunque sospesa nel limbo dell’incertezza, segnali non molto più confortanti provengono dal mondo dell’editoria per ragazzi. Un’editoria che spesso precede, in virtù delle molte proposte provenienti dall’estero, tendenze e bisogni espressi da chi segue più da vicino l’evolversi del gusto del pubblico giovane, ma che, nel caso della musica, è particolarmente restia ad accettare proposte di rinnovamento e ampliamento. E pensare che, a sfogliare i cataloghi delle case editrici per ragazzi si rimane sorpresi (talvolta piacevolmente sorpresi) dalla quantità e varierà di proposte: si direbbe che ai bambini (fin dalla più tenera età) si possa raccontare davvero tutto, avvalendosi di libri sempre più capaci di catturare l’interesse, di comunicare su diversi piani espressivi, di coinvolgere emotivamente. Di musica, tuttavia si scrive poco e spesso non si scrive bene. Manca, esattamente come diceva Annamaria Lorandi una vera competenza musicale. I pochi che la posseggono non necessariamente sono buoni scrittori per ragazzi o desiderano esserlo. Non sempre si trova il tono giusto, il giusto equilibrio tra precisione e affabilità, tra seduzione e rigore. Non sempre, inoltre, chi possiede competenza e passione è preso in considerazione dagli editori. La musica –dicono- “non vende”. Probabilmente è così, ma è nostra impressione che venderà ancor meno in futuro se non si sapranno proporre libri che attuino strategie comunicative già ampiamente sperimentate e utilizzate da altri settori dell’editoria per ragazzi. L’editoria musicale è un settore ampio e sfaccettato , sicchè sarà bene precisare fin d’ora le diverse tipologie di libri che entrano a farne parte. I più ovvi sono i libri che fanno direttamente riferimento a composizioni musicali (per lo più opere e balletti) compresi quelli che propongono la narrazione di storie che stanno alla base o hanno ispirato opere musicali. Prima ancora, però, per i bambini più piccoli ci sono i libri che preparano all’ascolto musicale introducendo il mondo dei suoni e fornendo gli strumenti linguistici necessari per la sua rappresentazione verbale. Ci sono poi i libri di divulgazione (biografie di compositori, storie di generi musicali, storie degli strumenti musicali, ecc.)e, infine, i libri di narrativa in cui la musica non si limita ad essere elemento decorativo o coloristico, ma è elemento fondante della storia narrata, avventura interiore, strumento di crescita e di valorizzazione, sostegno alla ricerca del senso dell’esistenza. Quest’ultimo settore è preso in considerazione più raramente di quanto dovrebbe ed è un peccato non solo perché , come si può vedere dalla bibliografia, è il più ricco di proposte di grande qualità, ma soprattutto perché potrebbe contribuire in modo rilevante ad accrescere la sensibilità musicale del lettore non avviato a studi di musica e che raramente ha occasione di riflettere (sapendo poi articolare le proprie riflessioni) sul ruolo della musica nella vita di ciascun individuo. Basta una rapida occhiata ai nomi degli autori di questi racconti per intuire il grado di serietà, profondità e perizia con cui l’argomento è presumibilmente affrontato: Ursula LeGuin (Agata e Pietra Nera), Patricia MacLachlan (Primo Amore), Virginia Euwer Wolff (La ragazza col violino),Karen Hesse (Otre la polvere), Tim Wynne-Jones (Il maestro) e molti altri. Per i bambini più piccoli, la musica o il mondo dei suoni è stato ‘raccontato’ con modi e intenti diversi da autori completi quali Leo Lionni, Bruno Munari, Eric Carle, Emanuele Luzzati, Tomie Ungerer e Maurice Sendak : si direbbe un impegno corale da parte degli autori più prestigiosi. Maurice Sendak ha operato in questo settore con particolare continuità e con diverse modalità. Anche lui, come Emanuele Luzzati, ha lavorato a lungo come scenografo e ha collaborato personalmente alla trasposizione in opera musicale del suo libro più famoso, Nel paese dei mostri selvaggi (Babalibri 1999), opera commissionatagli dal festival di Glyndebourne nel 1979 e tuttora in repertorio di un complesso orchestrale quale la London Sinfonietta. L’ultimo libro di Sendak arrivato in Italia, Il lupo ballerino,(Babalibri 2001) su testo di James Marshall, allude al balletto di Cajkovskij Il lago dei cigni e offre un ottimo spunto per avviare ad una conoscenza più approfondita dello stesso, perché meglio si comprendano le allusioni e i rimandi interni presenti nel testo e nelle illustrazioni di Sendak.
Non tutti i libri ‘importanti’ che parlano di musica ai bambini
sono presenti, in traduzione, sul mercato italiano: qualche escursione al di
fuori dei patri confini fa notare in modo piuttosto evidente con quale diverso
atteggiamento e diversa consuetudine si viva il fatto musicale. Lo si nota
soprattutto nei libri rivolti ai bambini più piccoli ai quali si presenta
il mondo della musica con quella affabilità così sorridente e
affettuosa che è inequivocabile spia di una frequentazione non occasionale,
di una passione profonda e consolidata, di una capacità (assai rara
in Italia) di restituire a eventi e personaggi eccezionali (anche a quelli
più paludati e solenni) una qualità famigliare e quotidiana.
Si coglie, questo atteggiamento, ad esempio, nelle biografie di grandi compositori
nelle quali gli autori si pongono esattamente “ad altezza di bambino”,
scelgono di privilegiare gli anni dell’infanzia e sanno cogliere in essi
non solo i primi segni delle capacità future, ma anche quei piccoli
eventi, quei piccoli tratti caratteriali che rendono i futuri musicisti, fin
dall’infanzia personaggi indimenticabili (senza, beninteso, cadere nella
macchietta caricaturale o ribadire logori stereotipi)iv. Si cercherebbe invano,
in Italia, una biografia di questo tipo, scritta compiendo un gesto affettuoso
nei confronti di Verdi, di Rossini o di tutti quei musicisti che hanno saputo
e tuttora sanno riempire di vita e di bellezza i cuori di tanti, e le cui vite
sono, viceversa, relegate sugli scaffali alti delle librerie e delle biblioteche,
quelli raggiunti da pochi e selezionati adulti e da nessun bambino. Il percorso fin qui compiuto ci avvicina ai libri che più direttamente fanno riferimento ad opere musicali. Naturalmente sono i libri più problematici: è facile infatti obiettare che la musica non si può raccontare e che “parlare di musica è come danzare l’architettura”viii . Forse è così, tuttavia il non saper tradurre la musica in parole può condurre ad un paradosso ancor più clamoroso: quello di rendere la musica muta. Può succedere, infatti, che la musica non parli, non suoni in chi l’ascolta, non produca movimenti sensori e mentali, non sappia offrire all’ascoltatore informazioni utili per collocare il fascio di suoni che lo investe nel suo spartito interiore. Quando il fruitore è un bambino, il paradosso del mutismo della musica si fa del tutto evidente. Nella quasi totalità dei casi, i libri italiani che raccontano le storie dei libretti d’opera o le storie che stanno alla base di balletti o di poemi sinfonici scelgono di ignorare la parte musicale. Si tratta di una scelta rispettabile, certamente motivata. Tuttavia, la possibilità di fare del libro (e in particolare dell’albo illustrato) uno strumento più integrato, più capace di utilizzare codici diversi facendoli tra loro interagire, è prospettiva allettante, specie quando il libro fa riferimento a prodotti culturali (opere del teatro musicale o balletti) che hanno come dato fondante l’integrazione di diversi linguaggi. E’ chiaro che per dare significato a operazioni di questo genere non è sufficiente allegare al libro un cd o un’audiocassetta: occorre un progetto globale, che tenga conto del punto di partenza e che si ponga come obiettivo il fatto che a quel punto di partenza, a quel prodotto iniziale, il lettore dovrà ritornare, fornito di maggiori strumenti e con un maggior grado di consapevolezza. La conoscenza della storia di partenza è solo uno degli elementi, e non sempre il più entusiasmante.
A sostegno del nostro discorso porteremo l’esempio di una edizione spagnolaix
de Il flauto magico di Mozart. Nella convinzione di molti che la fiaba su cui
si basa il Singspiel mozartiano sia materia particolarmente adatta ai bambini,
il titolo compare molto frequentemente nei cataloghi di libri per ragazzi un
po’ in tutto il mondo ed è oggetto di numerosissime trasposizioni
affascinanti (come non rimpiangere, ad esempio, una maggiore diffusione del
bellissimo film di animazione di Emanuele Luzzati? ). Ciò che colpisce
dell’edizione spagnola è, tuttavia, il progetto complessivo e
l’accuratezza con cui, pur nei limiti oggettivi, si persegue l’obiettivo
di presentare un prodotto quanto più possibile assimilabile a quello
originale: il tentativo di fare del libro (e del cd che l’accompagna)
un vero e proprio crogiolo di codici espressivi che, tutti insieme, interagiscono
e vanno a fondersi in un'unica strategia comunicativa. Vediamone brevemente
i dettagli, confrontandoli mentalmente con i libri che, come abbiamo detto,
si limitano al solo racconto. La presenza del cd, contenente una selezione
di brani (con l’indicazione dei personaggi e degli interpreti con i rispettivi
ruoli vocali), a cui il testo rimanda attraverso un piccolo simbolo grafico,
rende subito noto che si ha in mano un libro che non si limita ad essere tale.
Il materiale narrativo è correttamente suddiviso tra l’ouverture,
i due atti e l’ epilogo, mantenendo dunque la struttura dell’opera;
subito, con l’ouverture si rimanda all’ascolto musicale, sottintendendo
che anche quella, a suo modo, racconta una storia. La vicenda è narrata
con chiarezza e semplicità, mettendone in luce fin dall’inizio
i complessi significati. Viene affermato che si racconterà la storia
di come il principe Tamino conquistò la saggezza e meritò l’amore
di Pamina. Il linguaggio è chiaro, preciso, raffinato e immaginoso.
Lascia molto spazio al dialogo e non cade mai in infantilismi o luoghi comuni
né si lascia tentare dalle strizzatine d’occhio al lettore. I
personaggi sono descritti con tocchi rapidi ed efficaci che consentono di cogliere
i tratti psicologici dagli elementi esteriori: Papageno è figlio della ‘naturaleza’,
Tamino cerca la ‘sabiduria’ e, laddove se ne offre la possibilità,
la caratterizzazione avviene attraverso connotazioni di tipo musicale: la Regina
della Notte, ad esempio, ha voce fine come il tintinnio di un bicchiere e quanto
mai penetrante (un modo per definire la voce del soprano di agilità).
Il racconto adotta inoltre ritmi e andamenti che alludono all’andamento
dell’opera: il subitaneo innamoramento di Tamino al contemplare il ritratto
di Pamina è reso, da Mozart, con una prolungata e sognante aria che
ha la funzione di fermare il tempo, dilatare il momento psicologico e rendere
conto dell’estatica condizione di stupore in cui si trova il personaggio.
Nel testo spagnolo il medesimo stupore è reso imponendo al racconto
una variazione di ritmo: quattro participi allitterati e in rima tolgono quasi
letteralmente il fiato al lettore: di fronte al ritratto Tamino è ‘anonadado,
arrebatado, desatinado, ¡encantado!’. Il testo verbale rimanda
alla musica e così fanno le illustrazioni: anch’esse semplici,
ma raffinate e spiritose: pochi tratti a china, colori acquerellati che includono
la trascrizione, in caratteri svolazzanti come la musica, delle parole tedesche
più significative che i personaggi cantano nei brani riportati nel cd
in modo da facilitarne l’identificazione (quasi una trasposizione in
forma grafica del concetto di ‘parola scenica’…). Sembrano
osservazioni banali, forse lo sono. Piccoli, semplici dettagli che però aumentano
in modo considerevole il potenziale comunicativo del libro e lo rendono strumento
completo, molto utile anche da un punto di vista didattico. L’utilizzo
di una pluralità di codici è del resto la lezione più significativa
che proviene dai grandi autori di albi illustrati. Nel caso di libri che raccontano
(o tentano di raccontare) la musica che sta intorno a un testo, è ancora
più importante fare in modo che le illustrazioni sappiano essere qualcosa
di più di una semplice ‘colonna sonora’, e sappiano rendere
il colore, il movimento, il ritmo dell’opera stessa (un Trovatore illustrato
con tinte pastello, ad esempio, non contribuirebbe a far cogliere l’atmosfera
incandescente e notturna dell’opera e renderebbe davvero un pessimo servizio
all’autore). Il testo verbale, da parte sua, non dovrebbe limitarsi a
riassumere o semplificare trame ingarbugliate, ma dovrebbe mettere in luce
le caratteristiche e gli elementi che il compositore, da quelle trame, ha raccolto
e amplificato. Un esempio di questa operazione l’ha fornito Vittorio
Sermontix che, nell’anno delle celebrazioni verdiane, ha reso omaggio
al grande compositore inventando quattordici racconti ‘musicali’,
basati su altrettante opere di Verdi, in cui clarinetti e fagotti, violini
e violoncelli, trombe e tromboni si intrufolano tra i personaggi delle storie
diventando essi stessi personaggi, sollecitando l’immaginazione uditiva
del lettore e attirando l’attenzione su di sé nel momento in cui
alla lettura del racconto si sostituirà l’ascolto dell’opera. |
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